Il mio approccio terapeutico è sistemico familiare – individuale.
Cosa significa?
Curiamo le problematicità anche agendo sulle dinamiche delle relazioni in famiglia, con gli amici, a scuola, al lavoro, nell’ambiente sociale. Il trattamento può essere individuale o con il coinvolgimento di familiari significativi.
Lo scopo è raggiungere un rinnovato benessere sia individuale sia sociale.
Svegliarsi la mattina e pensare “io sto bene”
La psicoterapia è il coraggio di cercare nuovi modi, nuove strade per stare meglio
Illumina la tua identità e rendila visibile agli altri
Il progetto psicoterapeutico si svolge attraverso colloqui individuali o allargati ad altri membri della famiglia; utilizzo le tecniche della parola, del disegno, del gioco e canali espressivi non verbali.
E, se vorrai, attraverso gli strumenti della in psicologia della moda e dell’immagine renderemo visibile anche all’esterno gli effetti del ritrovato benessere.
Il tuo stile d’abbigliamento comunica cosa pensi e senti, che periodo stai attraversando, il tuo modo di essere.
Per questo, la moda può fungere da strumento terapeutico per ricalibrarti. Per stare meglio.
Per far sì che la tua immagine dica veramente chi sei.
Perché psicologia della moda?
È un metodo efficace per trattare la depressione, l’ansia, le fobie, il lutto acuto, i sintomi somatici e le dipendenze. Ho scelto di ottenere l’accreditamento EMDR perché
l’approccio ha basi scientifiche e aiuta davvero le persone a rinascere dopo una situazione traumatica.
Cos’è il
metodo
EMDR?
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Soffri di ansia e attacchi di panico?
Sei a disagio quando una figura a te cara è lontana, temi di perderla, sei riluttante a stare in solitudine. Senti paura o ansia così marcate verso uno specifico oggetto o situazione da evitarli appena possibile o sopportarli solo con estrema fatica. Sei fortemente in imbarazzo in situazioni sociali o, più in generale, senti ansia quasi tutti i giorni verso molteplici eventi e attività che ti generano tensione, affaticamento. Temi l’insorgenza di nuovi attacchi di panico dopo aver già vissuto situazioni in cui l’improvvisa comparsa di paura intensa è stata accompagnata da palpitazione o tachicardia, sudorazione, tremori o formicolio, fastidio al petto, senso di soffocamento o asfissia, nausea, sensazioni di vertigini o svenimento, brividi o vampate di calore, paura di perdere il controllo, impazzire, morire.
Oppure sperimenti ansia e disagio marcati, sentendoti in balia di pensieri, impulsi, immagini, che, in quanto indesiderati e intrusivi, cerchi di sopprimere o prevenire con azioni e comportamenti ripetitivi, compulsioni, che ti rubano tempo ed energia.
In questi casi l’obiettivo del lavoro che faremo insieme è ridurre l’intensità dell’ansia e della paura di modo che tornino a dei livelli funzionali. Capiremo l’origine della difficoltà e perché i sintomi sono ora così intensi da portarti a chiedere aiuto. Come li gestivi prima, quali soluzioni avevi adottato? Capiremo se chi ti circonda può essere un nostro alleato e valutare la possibile assunzione di un farmaco; il consulto psichiatrico e l’eventuale prescrizione farmacologica possono alleggerire la sintomatologia e agevolare il nostro capire almeno in un primo periodo. A seconda degli elementi raccolti faremo colloqui individuali o in allargamento a figure per te significative e integreremo la terapia con il metodo EMDR. Sarà mia premura insegnarti anche delle tecniche di regolazione del respiro e di rilassamento corporeo così che nel qui ed ora dell’ansia e della paura tu possa usarle per tranquillizzarti un po’.
Ti senti giù di tono e hai poca voglia di fare?
Tutti viviamo delle giornate e dei momenti in cui l’umore è particolarmente basso o, al contrario, elevato: gli oscillamenti, se brevi e motivati, non ti devono preoccupare. L’importante è che un certo equilibrio ci sia.
Può essere che il tuo umore non sia in equilibrio, ma depresso per la maggior parte del giorno quasi tutti i giorni. Puoi avere poco interesse e piacere per le attività abituali. E puoi notare allo stesso tempo cambiamenti nell’appetito e nel sonno, agitazione o rallentamento psicomotorio, mancanza di energia, riduzione di attenzione e concentrazione, frequenti pensieri di colpa e di morte, autosvalutazione.
In netta contrapposizione, invece, puoi sperimentare un umore molto elevato, irritabile, e un incremento dell’attività e dell’energia per la maggior parte del giorno quasi tutti i giorni. In contemporanea diminuisce il tuo bisogno di dormire, sei più loquace, pensi molto velocemente, la tua autostima è molto alta: ti senti infallibile. L’umore molto depresso e molto elevato possono anche caratterizzarti alternandosi tra loro senza che tu ti senta mai davvero in equilibrio.
Innanzitutto dobbiamo capire se l’umore attuale sia reattivo a uno specifico evento (per es., un lutto) o se sia segnale di un disturbo dell’umore persistente. Nel primo caso ti offrirò uno spazio di ascolto e di elaborazione dell’evento individuato di modo che la sua integrazione nella tua storia di vita ti agevoli a ritrovare l’equilibrio. Nel secondo caso valutiamo per prima cosa l’utilità di un consulto farmacologico di modo che l’umore alto e/o basso non ti limitino nella quotidianità. Il nostro obiettivo è di giungere a un equilibrio dell’umore indipendente dal farmaco e per questo ricostruiamo la storia del disequilibrio. Da quando ne soffri? Ci sono altre figure nella tua famiglia di origine che ne soffrono o ne hanno sofferto? Come mai senti ora di avere bisogno di aiuto? Che soluzioni avevi adottato prima? Valutiamo anche l’eventuale coinvolgimento di figure affettive con cui sei in relazione perché il loro supporto potrebbe aiutarci a ritrovare il benessere.
Vuoi modificare il tuo rapporto con il cibo?
Temi di aumentare di peso nonostante tu sia sottopeso, o pensi che il tuo valore dipenda dalla taglia e dalla forma del corpo e magari ti vergogni di imperfezioni che altri neppure notano. Nonostante l’ossessione per le calorie, ti abbuffi, cercando poi di evitare l’aumento di peso con azioni compensatorie. Oppure mangi senza stimolo della fame e ti fermi solo raggiunta la piena sazietà; poi, senso di colpa e vergogna ti assalgono immancabilmente.
In tutti questi casi lavoriamo insieme per capire quando le difficoltà sono iniziate, cosa rappresenta il cibo per te, quali emozioni coinvolge.
Decidiamo l’eventuale collaborazione con un esperto in nutrizione per avere indicazioni dietetiche utili a una sana alimentazione. Inoltre, se e quando necessario, invitiamo in colloquio chi è in stretta relazione con te di modo che comprenda le tue difficoltà e ti fornisca supporto. L’obiettivo è vivere con più tranquillità il cibo, con maggior piacere e considerarlo anche un modo per godere di buone occasioni sociali.
Vivi relazioni faticose? Sei in difficoltà con i bambini?
Nel ciclo di vita di una famiglia ci sono momenti in cui le relazioni tra i membri sono problematiche e non risolvibili in autonomia. Le difficoltà possono riguardare il rapporto genitori-figli, di coppia, i fratelli, gli effetti della separazione e della presenza di un disagio psicologico in un figlio.
Nei casi di faticoso rapporto genitori-figli incontro i genitori (o il singolo genitore a seconda della composizione della famiglia) per raccogliere la loro descrizione della difficoltà, sapere cosa li mette in crisi e da quanto tempo, conoscere le soluzioni che hanno tentato prima di rivolgersi a me, perché chiedono aiuto adesso. Successivamente allargo l’indagine al nucleo familiare: vedo i figli in colloquio con i genitori per osservare in presa diretta le interazioni e, inoltre, raccogliere il loro punto di vista sulla situazione, sapere se conoscono la preoccupazione degli adulti e se in una qualche misura la condividono. L’osservazione e i dati raccolti permettono di definire il piano di intervento che, anche a seconda dell’età dei figli, può concretizzarsi in un lavoro o con la coppia genitoriale o con il nucleo familiare.
A volte sono i fratelli a essere in difficoltà: la loro relazione molto conflittuale crea un clima familiare poco sereno che appesantisce tutti. I genitori si preoccupano e chiedono aiuto connotando quanto osservano non come fisiologica competizione o gelosia. In queste situazioni, dopo una prima raccolta di informazioni con i genitori, rivolgo la mia attenzione al nucleo familiare: vedere i membri in interazione è importante per comprendere quanto il rapporto fraterno risenta di influenze interne al sistema o esterne; inoltre, è utile per me vedere anche i fratelli da soli. Capita che i fratelli agiscano dentro casa delle fatiche legate al mondo esterno (per es., relazioni a scuola) o, ancora più spesso, che esprimano dei disagi familiari. Spesso percepiscono che i genitori sono emotivamente distanti, presi dal lavoro o da una crisi di coppia, e segnalino il problema. La natura del problema definisce il mio intervento successivo che sarà familiare o con i soli genitori.
Quando una coppia si rivolge a me perché in crisi il mio lavoro coinvolge i due partner e si concretizza sia in incontri di coppia che individuali. In coppia raccolgo informazioni su ciò che affatica i partner, la loro descrizione del problema, da quanto tempo lo percepiscono, le soluzioni che hanno tentato, perché chiedono aiuto proprio adesso. Inoltre, cerco di capire chi conosce il loro disagio, come lo spiega, e se può essere utile risorsa nel progetto terapeutico successivo. Negli incontri individuali approfondisco la visione di ogni membro: in particolare, individuo i bisogni che, prima soddisfatti dal partner, ora non lo sono più. Per impostare il lavoro è importante comprendere il patto iniziale su cui la coppia si è costruita, le premesse fondatrici del legame che ora sono venute meno, la responsabilità che ognuno ha nell’insorgenza del problema, la volontà di mettersi in discussione per risolverlo. I dati raccolti nei primi incontri definiranno il successivo piano di intervento che avrà come obiettivo ritrovare l’equilibrio perso e ricreare una vicinanza rispettando, al contempo, l’autonomia e l’individualità di ognuno. Nel lavoro con la coppia è mia premura verificare lo stato di benessere dei minori, se presenti, e fornire indicazioni utili a tutelarli dall’impatto potenzialmente negativo della crisi: aiuto i partner di modo che una buona genitorialità sia preservata.
La crisi di coppia non si risolve sempre con una ripresa della relazione: a volte accade che la scelta della separazione emerga come quella più funzionale al benessere dei partner. In queste situazioni il mio lavoro ha come obiettivo l’accettazione ed elaborazione, da parte dei partner, della perdita del legame, della coppia, della famiglia che hanno costruito e su cui hanno investito il loro progetto di vita. In colloqui congiunti e individuali li aiuto sia a entrare in contatto con la sofferenza, la delusione, la rabbia, sia a individuare le risorse interne che consentono di iniziare una nuova fase di vita e, inoltre, a riconoscere la ricchezza di quanto è stato, quanto sono cresciuti e maturati grazie all’essere stati una famiglia.
Questi stessi obiettivi mi guidano nel lavoro con adulti in difficoltà relazionali con l’ex partner. Quale che sia la sua natura (consensuale o giudiziale) la separazione è un evento traumatico che segna un prima e un dopo nella storia personale e familiare, genera emozioni intense e spesso di complicata comprensione e gestione in chi le vive. Elaborare la perdita di un legame non è semplice soprattutto quando si percepiscono la solitudine o il peso di essere incolpati dell’evento. Spesso le difficoltà relazionali presenti in un nucleo familiare si collegano alla presenza di figli con un rilevante disagio psicologico. In particolare, quest’evenienza emerge nei casi di disturbo dello spettro dell’autismo, disturbo da deficit di attenzione e iperattività, enuresi e/o encopresi, disturbo oppositivo provocatorio. In queste situazioni rivolgo inizialmente la mia attenzione alla coppia genitoriale (o al singolo genitore) per raccogliere la storia evolutiva del minore e collocare all’interno di essa l’emergere del disturbo clinico, la sua eventuale presa in carico da parte del pediatra o del servizio di neuropsichiatria infantile, le modalità con cui il disturbo è gestito in famiglia e negli altri contesti socio-educativi (per esempio la scuola). Approfondisco il loro racconto e i loro vissuti: si sentono in qualche modo colpevoli? Si vergognano? Allargo l’indagine chiedendo perché chiedono aiuto proprio adesso, chi ne è a conoscenza e cosa pensa, se hanno delle risorse, una rete che fornisce sostegno o se sono soli. Integro i dati emersi anche prendendo contatti con le altre figure sanitarie ed educative coinvolte nella cura. Prima di decidere il progetto terapeutico vedo anche il minore portatore del disagio e, e ci sono, raccolgo il punto di vista dei fratelli i quali possono così manifestare l’eventuale gelosia e rabbia verso i genitori e il fratello che sta male; a sua volta, questi ha modo di comunicare in un contesto neutro cosa gli provoca l’essere individuato come portatore di un disturbo. Vedere i figli con i genitori è importante anche per osservare dal vivo le loro interazioni e toccare con mano le difficoltà che hanno portato a chiedere aiuto. Le informazioni raccolte, insieme al livello di sviluppo cognitivo e psicoemotivo del minore, uniti agli interventi messi in atto dagli altri servizi che lo hanno in carico, conducono alla progettazione di un piano terapeutico rivolto alla sola coppia genitoriale o all’intero nucleo familiare.